Ho provato a leggere la pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato pensando a don Isidoro, alla sua vita e alla sua morte che stasera ricordiamo.

Il Fariseo che ha invitato in casa sua Gesù dice—quando la donna, la prostituta si avvicina a Gesù e compie per lui, per il suo corpo gesti di delicata premura, di tenero amore—se costui fosse un  profeta saprebbe che razza di donna è quella che lo tocca. Gesù si lascia toccare, più che toccare, accarezzare, baciare, rigare di lacrime, profumare da una donna poco raccomandabile. Secondo le prescrizioni ebraiche questo contatto con una prostituta provocava uno stato di impurità, una sorta di indegnità che non  consentiva l’accesso al tempio per la preghiera. Bisognava, in altri termini, stare alla larga, non lasciarsi neppure sfiorare  da una donna del genere. E invece Gesù non teme questo contatto, anzi lascia che per il suo corpo la donna compia gesti quasi imbarazzanti di amore. Forse anche noi riteniamo poco prudente l’atteggiamento di Gesù, sarebbe meglio da parte sua evitare questo genere di contatti, meglio stare alla larga da certa gente. Si rischia appunto d’essere ‘sporcati’ dal contatto con gente considerata sudicia fuori e dentro per il proprio comportamento riprovevole.  Gesù, al contrario, non teme d’essere sporcato anzi, questo contatto che dovrebbe insozzarlo produce nella donna una vera e propria novità, un mutamento, una conversione di vita. Non solo Gesù non si è sporcato ma la donna, a contatto con la luminosa bellezza di Gesù, viene pulita, rinnovata, perdonata.

Ho pensato a don Isidoro. Per l’indole e la formazione ricevuta , per la sensibilità, per la qualità alta della sua intelligenza non era, nonostante la semplicità del tratto,  un prete, diremmo ‘di strada’ o con espressione più colorita ‘da sbarco’. Certo, girava in bicicletta fermando la tonaca svolazzante con due mollette da bucato, amava impolverarsi sui campetti di calcio, conduceva una vita semplice, austera ma era, oserei dire, spiritualmente aristocratico: per la qualità delle sue parole, nel dialogo spirituale, nella scuola, nella predicazione, nell’attività giornalistica. Eppure questo prete capace di coltivare pensieri alti, di solida cultura ,  questo prete si è lasciato toccare da quel fenomeno squallido e degradante che è la tossicodipendenza. Isidoro ne ha intuito la gravità, il deserto umano che quel comportamento produceva, lo ha studiato, si è lasciato toccare, anzi colpire, schiacciare dalla condivisione di quel degrado. Lui, uomo di intensa ed elevata vita  spirituale non si è chiuso nella custodia della sua virtù ma si è esposto, si è lasciato toccare. E così è avvenuto il miracolo: non Isidoro è stato sommerso dalla marea nera della droga ma i giovani, compromessi con tale devianza, sono stati attratti e in non pochi casi guariti dalla dedizione di Isidoro.

Sono passati 18 anni e noi ricordiamo questa sera, qui in quella che è stata la sua ultima comunità, questo prete che si è lasciato toccare, anzi ferire a morte dal disagio, dal male, dallo squallore, non ha evitato il contagio, non si è isolato nella sua purezza, anzi.

E’ esperienza di ognuno di noi: si è di aiuto a chi è in difficoltà solo lasciandosi toccare, coinvolgere, sommergere: chi, preoccupato della propria purezza, non si lascia neppure sfiorare resterà disperatamente solo e inutile.

Isidoro, vero discepolo dell’Evangelo, ferito a morte perché toccato, coinvolto, sommerso dalla miseria di poveri ragazzi, Isidoro insegnaci a lasciarci toccare, segnare da ogni umana miseria. Signore, liberaci dalla nostra purezza , lascia che come Isidoro  anche noi ci sporchiamo le mani.

Don Giuseppe Grampa